Due quadri del Caravaggio dipinti con i piedi

Nel 1602, appena due anni dopo aver dipinto le tele laterali per la Cappella Contarelli in S.Luigi dei Francesi, Caravaggio fu chiamato a concludere il trittico dipingendo anche la pala centrale raffigurante San Matteo e l'Angelo. L'idea di una pala d'altare con questo tema era già nel programma iniziale voluto dal cardinale Cointrel intorno al 1560, quando egli era ancora in vita. Nel suo testamento, il cardinale precisava che la pala  doveva essere alta palmi 17 e larga palmi 14 con "San Matteo in sedia con un libro o, volume, come meglio parera, nel quale mostri o di scrivere o voler scrivere il vangelio et a canto a lui l'angelo in piedi maggior del naturale in atto che paia di ragionare o in altra attitudine."
Conosciamo la seconda e definitiva versione, posta ancora nella cappella (fig. 1):

secondo le indicazioni originali, descrive l’angelo che detta e suggerisce a un Matteo eroico tanto conquistato da alzarsi nella concitazione della rivelazione, senza badare allo sgabello meravigliosamente in bilico verso chi guarda sfondando il quadro, espediente che Caravaggio aveva già utilizzato altre volte.


Qui l'uomo santo collabora con Dio: l'angelo di Caravaggio computa con le dita l'inizio del Vangelo riassumendo la stirpe divina di Cristo che discende anche da Davide; in questo modo il messaggio risulta più chiaro e allineato alle concezioni sull'ispirazione divina dettate dal Concilio Tridentino, di cui il milanese S. Carlo Borromeo era stato il grande regista. Caravaggio, uomo dissoluto e attaccabrighe, porta un senso di religiosità pauperistica di radice milanese che sarà una delle sue caratteristiche.


Ma la  prima versione del S. Matteo, coeva a quella attualmente esposta, ha una storia molto più interessante (fig. 2).


Quando la dipinse era considerata da tutti provvisoria, non possedendo neanche le misure richieste. Caravaggio utilizzava già modelli reali per la realizzazione di figure religiose, al fine di rappresentarle in un modo innovativo e lontano dalla tradizione. I committenti, soddisfatti dai due meravigliosi quadri già presenti nella cappella, chiesero che si rappresentasse un San Matteo con dei tratti da ammirare, o meglio quasi come una figura eroica, esaltando le sue caratteristiche di Santo. Non misero in conto il carattere di Caravaggio e si fidarono. Evidentemente non avevano visto gli espedienti nuovi e creativi, già pienamente barocchi, usati nella Cappella Cerasi per la Crocefissione di S. Pietro e per la Conversione di S.Paolo.


Sorpresi e delusi, si trovarono di fronte un Matteo bifolco e analfabeta, con l’aria tra il sorpreso e l’ottuso, che muove la mano incerta sulla pergamena guidata da un angelo guappo e vezzoso. Parve loro, più che  irriverente e oltraggiosa, un’immagine falsa: Matteo era un pubblicano e sapeva leggere e scrivere. Insopportabile poi quella posa colle gambe accavallate, un piede che sfonda la tela arrivando sotto il naso di chi guarda.
Arricciarono il naso, ovviamente, e rifiutarono la tela.
Ma questa venne subito acquistata dal Marchese Giustiniani, grande intenditore della pittura nuova e protettore di Caravaggio.  Rimase nella loro collezione oltre due secoli, sino a  quando, agli inizi del 1800, essa venne interamente svenduta sul mercato. Questo S. Matteo  venne acquistato dalla Prussia e rimase presso il Kaiser Friederich Museum a Berlino fino ai bombardamenti del ’45 (quante meraviglie e ingenuità si perdono nelle guerre!).


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Almeno un altro quadro di Caravaggio ci sottopone la questione dei piedi.
Si tratta della Madonna di Loreto, più conosciuta come Madonna dei Pellegrini ( 1604-1605) (fig.3), che sta a poca distanza da S. Luigi dei Francesi, presso la Cappella Cavalletti nella Chiesa di S. Agostino.
Ciò che destò sorpresa e ammirazione furono i piedi del pellegrino e la cuffia della sua compagna.
Giovanni Baglione scrive che il pittore fece «una Madonna di Loreto ritratta dal naturale con due pellegrini, uno co' piedi fangosi, e l'altra con una cuffia sdrucita, e sudicia» Bellori ci racconta l’episodio quasi negli stessi termini: «la Madonna in piedi col fanciullo fra le braccia in atto di benedire: s'inginocchiano avanti due Pellegrini con le mani giunte: e 'l primo di loro è un povero scalzo li piedi, e le gambe, con la mozzetta di cuoio, e 'l bordone appoggiato alla spalla, ed è accompagnato da una vecchia con la cuffia in capo». E le natiche del pellegrino, natiche offerte ai devoti nella Crocefissione Cerasi già citata!
La Madonna indossa gli abiti della tradizione mariana – le tonalità rossa terrestre e blu celeste - mentre i pellegrini sono vestiti con abiti di foggia contemporanea all'età del Caravaggio. Ha postura classica, da statuaria romana, e sembra sfiorare la terra come appena giunta da un volo. Ancora una volta Caravaggio si limita ad accennare, dando per conosciuto il miracolo della casa trasportata di notte da Nazareth a Loreto in un volo di angeli. E della stessa casa si scorge solo lo stipite; quale profonda differenza rispetto alla coeva interpretazione di A. Carracci, tutta frontale e ingenuamente descrittiva (fig.4).


Gli Agostiniani, in quel tempo la confraternita più potente e acculturata di Romana Chiesa, non trovarono però nulla di irriverente in tutto questo: anzi, riconobbero l’intensa sincerità pudica e misurata; la crudezza dell'esistenza umana insita nella metafora del pellegrinaggio, toccata dalla presenza del divino: la Madonna si affaccia alla soglia per accogliere, accudire, consolare. Nuovamente il pauperismo lombardo di Caravaggio incontra le istanze tridentine e le interpreta con convinzione. Il risultato è che la Madonna di Loreto da oltre quattro secoli  rimane tuttora a intenerire i fedeli nella stessa chiesa per cui fu dipinta.




Fabrizio Sapio


Commenti

  1. Hai parlato di piedi usando con maestria e competenza testa e cuore. Che meraviglia La madonna di Loreto. L'umanità ha qualcosa di divino ad opera di un artista maledetto.

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  2. Caravaggio aveva una tempra sanguigna e una morale ambrosiano-tridentina. Praticamente un padre del Barocco. Contraddittorio e meraviglioso. Io non ho fatto nulla, solo mostrare. Grazie Adele.

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  3. Con il Caravaggio non si sbaglia mai, la su complessità affascina ed interroga, non certo su banali cavilli ed elementi ,quanto sulla commistione di sacro e di profano, di spirito e di carne e quanto fra questi due ci sia passaggio e necessità; meravigliosa complessita!


    P.S.Non so quanto all'artista interessasse il dettato tridentino; è certo che la sua mano appare guidata sempre dalla sua impetuosa visione, forzata a volte dalle richieste della committenza, ma di più, non credo.
    Sempre all'altezza del compito, Fabrizio; grazie.

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  4. Con ritardo e mi scusi Fabrizio, commento questo bellissimo e dotto scritto d'Arte. Il san Matteo e l'angelo ( prima versione) mi piace sempre troppissimo. Perchè è ribelle, come Caravaggio, e perchè sparì. Sulla fine che fece, dalla collezione Giustiniani al Museo di Berlino, e da lì forse bruciato o forse come qualcuno spera, sottratto dai Russi come bottino di guerra e la speranza dunque di ritrovarlo, forse,(magari!) in qualche sotterraneo dei musei russi. ecco per tutto questo e ancora altro, lo adoro!

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