Le Vie dei tesori Palermo 2015. La Giudecca

Tra i percorsi che animano Palermo in questo  ottobre 2015, nell'ambito dell'evento Le Vie dei Tesori, un interessantissimo percorso è dedicato alla Giudecca, ovvero l'insediamento ebraico a Palermo sorto  intorno all'anno mille e mantenuto per 15 secoli, prima che l'editto spagnolo e la successiva Inquisizione ne mettessero al bando  tutti i residenti di fede non cattolica.

La Via Calderai è il percorso ideale che congiungeva la porta di questo insediamento, proprio al di fuori le mura romane e subito ad est dell'allora Cassaro, con i luoghi di culto ebraico, la Sinagoga, chiamata dagli arabi volgarmente Mesquita. L'insediamento ebraico dunque si componeva di una parte ove si svolgevano le attività religiose e il culto, ed una parte dedicata al commercio e ad un cimitero, chiamata Guzzetta che si può idealmente far coincidere con l'attuale Corso dei Mille.

Gli ebrei che giunsero qui erano ebrei sefarditi, ovvero provenienti dal Nord Africa e, per questo, connaturati con gli arabi, con cui condivideranno varie tradizioni, lingua (essi parlavano l'ebraico, l'arabo, l'aramaico e il siciliano)  mantenendo tuttavia  in purezza le loro abitudini religiose. Tra queste una importantissima era la macellazione delle carni. Non potevano consumare carni che non fossero macellate da essi stessi, e non potevano consumarne le frattaglie. Da questo e per la gratuità con cui assolvevano questo uffizio, si inventarono la frittura delle frattaglie nella sugna da rivendere ai cristiani. Nasce così l'uso di consumare la milza nelle tradizioni palermitane.  Superato l'arco della Mesquita che si apre proprio sulla destra, appena iniziata Via Calderai (da notare le iscrizioni del cartello  in arabo e in ebraico ad indicarne la strada),  ci si introduce in un budello che porta a Piazzetta Mesquita, allora detta Piazza delle Viti, per le viti rigogliose che contornavano la Piazza e introducevano all'Atrio che precedeva l'edificio della Sinagoga a forma di Esedra. Lungo Via Mesquita si riconoscono le porte delle botteghe, la struttura ancora conservata che vedeva due accessi, uno su via Mesquita e uno su Via Calderai, per la necessità di difendersi dagli attacchi cristiani per motivi di fede e scappare ora da una parte dell'edificio, ora dall'altra, a seconda da dove le bande di assalitori giungevano. Era uso anche che ci fosse una nicchia accanto alle porte delle botteghe che custodiva rotoli di Sacre Scritture, cui si rivolgevano con un saluto i fedeli prima di entrare, per averne protezione. Giunti in Piazzetta Mesquita si possono osservare gli edifici che si sviluppavano in più piani e con finestre sfalsate tra loro. Il motivo di questo era dovuto al fatto che agli ebrei era proibito costruire de novo, ma dovevano utilizzare edifici già esistenti, e inoltre l'apertura di finestre era soggetto a dazio, pertanto aprivano una finestra appena potevano con diseguaglianza tra loro, e da qui il nome di imposta alle finestre e alla tassa che dovevano pagare. 

L'edificio che attualmente si trova in Piazzetta Mesquita è l'Aula dell'archivio Comunale costruita dal Salinas. In realtà questo architetto costruisce questo edificio de novo ma conserva il prospetto della sinagoga, pertanto questo nuovo edificio ricorda la sinagoga stessa. Aggirandolo verso la propria destra inizia una strada detta Giardinaccio a ricordare l'aspetto paludoso avuto da questo territorio, per le acque del fiume Kemonia che qua scorreva, si incuneava, raggiungendo nuovamente il sottosuolo formando dunque un assetto idrogeologico che proprio a monte sarà molto sfruttato dagli ebrei per le pratiche volte alla purificazione cui erano dediti per motivi religiosi. Infatti percorrendo verso l'alto questa strada, superata una piccola galleria chiamata Arco Notaro, un tempo introducente a un suk arabo e in tempi successivi usata come accesso laterale alla sinagoga, si giunge, superata Via Maqueda, a Piazza S.S. 40  Martiri. In questa area importantissima per tanta altra storia che riguarda questa città, sorge un edificio datato XVI secolo.
E' Palazzo Marchese che nel suo sottosuolo custodisce il più grande ipogeo  presente nella città di Palermo. Questo luogo che sembra corrispondere per diversi indizi al Miqven ebreo o bagno della abluzioni, fu pensato comunicante con il Kemonia, le cui acque ne alzavano e abbassavano il livello, e inoltre, mediante mezzi di ingegneria idraulica, le acque piovane ne alimentavano il bacino. Resti di terracotte di stoviglie ne attesterebbero l'uso oltre alla vicinanza con la sinagoga. I signori Marchese che acquistarono l'edificio intorno all'anno 1550, sembra fossero degli ebrei criptati, ovvero degli ebrei che, dopo l'editto spagnolo del 1493 con il quale venivano banditi dai territori spagnoli coloro che non professassero fede cattolica, finsero di convertirsi continuando in incognito a praticare la propria fede originaria. Aver acquistato questo edificio negli anni successivi l'editto che allontanava tutti gli ebrei, ha il  significato di custodire l'ipogeo delle abluzioni, tanto importante e luogo sacro per la comunità ebraica rimasta seppur in incognito.
Negli anni successivi, con l'avvento dell'Inquisizione, furono tuttavia perseguitati e del tutto annientati. 

(Clotilde Alizzi)

Commenti

  1. C'è una Palermo dei conventi e delle chiese, delle moschee e dei mercati arabi, ora scopriamo che c'è una Palermo giudaica altrettanto suggestiva che stimola la curiosità e la ricerca, Via Calderai era già un luogo storico ora, con questa descrizione, è diventato un luogo animato pieno di presenze del passato che si mescolano a quelle che tutti i giorni ci passano o ci vivono; quest'ultimi sono più spesso gli immigrati, me li immagino mentre calpestano quel terreno già calpestato, quelle case già abitate, vorrei dire da chi e vorrei dire perchè hanno dovuto abbandonarle... e provo un'emozione fortissima.

    Grazie

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    1. Volevo aggiungere che da bambina quelle case, quei palazzi, quelle strade fitte fitte, mi provocavano disagio; ho imparato che conoscere l'ambiente e la sua storia contribuisce a rendertela familiare e ad amarla; per questa ragione amiamo il luogo in cui viviamo, credo, e non per altro, e troviamo bella ogni cosa; anche il suo degrado, se riesci a capirne la ragione, può fartela amare, proprio come ami le rughe di tua madre, e conservi il portafogli sgualcito e logoro di tuo padre

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    2. In questa Via e nella parallela Via Mesquita era presente l'attività della tintura dei tessuti, mentre in Via Giardinaccio si dedicavano all'impagliatura delle sedie, tanto che ancora in epoca recente sono presenti botteghe che riparano le sedie. Palermo mostra tutte le sue rughe e ferite. Un passato glorioso, capitale di Regno, giardino arabo quasi giardino terrestre, tolleranza e intolleranza, briganti, confraternite e omertà...
      Chissà cosa ci avrebbe raccontato nei secoli che le si sono stratificati addosso, vivendo in quei secoli. Delitti, misteri, malattie e arte d'arranggiarsi,

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  2. Mi stupisco sempre di quanto Palermo sia piena di storia... Grazie! Tantissimi spunti molto interessanti in questo pezzo. E vorrei dire grazie anche a Rosa che ha scritto cose bellissime nel suo commento.

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    1. Concordo sul commento di Rosa. Amarla per apprezzarla, ferite e rughe comprese

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