
Parlare di barocco a Roma è come parlare di oro a Johannesburg, la città storica ci vive in mezzo; i tre quarti delle opere esposte si sono spostati al massimo di cinque chilometri.
Per tanta abbondanza si sono potute scegliere opere, di cui ognuna potrebbe instaurare un percorso narrativo: Rubens e Van Dick per la grande committenza e circolazione dei pittori in Europa. Il cembalo barocco e l’arpa Barberini per gli oggetti d’arte assurti a emblemi suntuari e prestigiosi. Lorrain e Poussin per l’osservazione della natura con sensibilità pre-romantica, con gli episodi umani presi a pretesto in una natura rigogliosa e sovrastante. Oggetti delle nuove scienze che si impongono anche per le raffinate e ardite forme.
Roma si era trascinata nei secoli bui, subendo l’esilio avignonese e l’egemonia papale di Venezia. Poi, con i Borgia i della Rovere e i Medici, si era riempita del fasto rinascimentale con artisti prevalentemente dell’Italia centrale (Michelangelo fiorentino, urbinate Raffaello, bolognesi i Carracci).

Roma non possiede ancora un suo stile uniforme e autoctono, sebbene illuminata da sorruschi che non riscaldano, come il turbine di Caravaggio che pure lascia epigoni sino al terzo decennio del 1600.
Occorre attendere il lento sviluppo dell’uomo nuovo, del Barocco come primo movimento internazionale, dopo il gotico.
La mostra incomincia proprio con quei pittori che abbandonano le forme classiche senza rifiutarle, ma debordandone in pose spazi oggetti e forme dominate dalla linea curva.
Annibale Carracci nel soffitto dal salone di Palazzo Farnese, Guido Reni dell’Atalanta e Ippomène, Rubens di San Sebastiano.
Nuovo intento papale che, come in altre epoche, attesti la potenza attraverso la novità e la magnificenza. In più, un elemento nuovo fatalmente emotivo: la meraviglia!

Inquietudini dell’uomo nuovo che scruta il mondo con curiosità scientifica e oggettiva, si affascina e sgomenta.
Dalle ideologie rinascimentali, esaurite in sterili manierismi, Roma emerge scavando e scoprendo l’antico. Poca terra ricopre meraviglie destinate a ispirare i secoli: il Laocoonte con le sue torsioni sentimentali, subito preteso dal Papa, o la reggia di Nerone, interrata e riscoperta per caso scavando pozzi, che ispira le “grottesche” tanto care ai fiorentini.
Roma attira inesorabilmente ogni artista di talento, consapevole di dover completare la propria formazione con il confronto diretto degli antichi; giungono i Rubens, i Lorrain, i Velazquez, i Vouet.
La mostra, ricchissima di tele e oggetti d’arredo e scultura, si fa interessantissima negli oggetti di propaganda (targhe e medaglie commemorative dei papi) o nei disegni piante schizzi modelli di quei monumenti che oggi conosciamo come Barocco Romano.


Fabrizio Sapio
Ebbbravo Fabrizio! Non ti conoscevo come storico dell'arte, è stato un piacere leggerti. Sintetico , chiaro e diretto, lo stile che mi piace.....
RispondiEliminaFabrizio lessi il pezzo e mi piacque subito. La bellezza di questa ostra appare in tutto il suo splendore. Mi piace pensare che chi passa di qua e, in giro per l'Italia in questa afosa estate, non si lasci sfuggire questa bellissima mostra. Roma capitale adorna e ricca, un tesoro per chiunque estimi l'arte. La chiarezza dello scritto si accompagna all'uso della parola con riferimenti dotti e di pregio. Grazie Fabrizio per averci regalato una grande pagina.
RispondiEliminaArte e storia si fondono in questo brano davvero molto ricco di notizie. Complimenti, bel lavoro!
RispondiEliminaNina
Grazie a tutti. Conto di darvi qualche notizia di mostre o siti che vedró. Un abbraccio a tuttigli amici del blog.
RispondiEliminaGrazie Fabrizio per la collaborazione promessa. A rileggerti
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